Conosco Tourè da oltre 10 anni ed è il primo dei “ragazzi di strada” che ho aiutato con una integrazione al reddito mensile ed un biglietto aereo una volta l’anno per stare qualche mese con la sua famiglia, con la quale ha passato ben poca parte della sua vita. Si, perché Tourè è in Italia da oltre 20 anni, passati sui marciapiedi di Milano a cercare di vendere i suoi libretti per raggranellare qualche centinaio di euro con i quali cercare di sopravvivere in una città spietata e mandare il resto per sfamare la sua numerosa famiglia che vive in Senegal.
Solo che ora Tourè è anziano e malato. L’ultima volta che l’ho mandato a casa è ritornato due mesi dopo il previsto perché è stato ricoverato in ospedale: il suo cuore accusa sempre più la fatica di una vita spesa sui marciapiedi che fanno sembrare i suoi 65 anni molti di più. Ogni volta che lo vedo su quel marciapiede correre con passo sempre più incerto dietro a passanti frettolosi ed infastiditi dalla sua presenza, mi si stringe il cuore. Anche ieri mattina mi ha detto: “non ce la faccio più a fare questa vita.., sono stanco..”.
Non gli ho ancora detto nulla, ma settimana prossima gli farò avere quanto necessario per tornare a casa sua ed avviare insieme ai suoi figli quella piccola attività di fornaio che ha sempre sognato. Potrà finalmente passare la sua vecchiaia circondato dall’affetto di figli e nipoti, come è giusto che sia.
Pensate che io abbia molto merito per questo? Allora sappiate che per cambiare vita per sempre a Tourè basterà quanto serve a me per vivere la mia vita comoda per un solo mese.
Un solo mese contro una vita.
Buon viaggio Tourè, amico mio, grazie per la tua pazienza e scusa se ci ho messo così tanto.
